La normalità, forse non abbiamo mai capito cos’era veramente, né il reale valore del quotidiano. Non lo abbiamo mai percepito, ma forse era benzina per il nostro cervello e corpo. ll miraggio di una quotidianità “normale” appare un lontano ricordo: ma cosa significa normalità? A questo punto si dovrebbe forse parlare solo di quotidianità. Ma per chi?
Ebbene, la quotidianità degli hikikomori non è molto diversa da quella che vivevano durante il lockdown (almeno da un primo aspetto apparente). Hikikomori significa “stare in disparte” ed è un termine giapponese utilizzato per riferirsi a persone che decidono di ritirarsi dalla vita sociale. Ed è una realtà che con la pandemia dilaga anche in Italia.
Si rinchiudono spesso nella propria camera da letto, arrivando, nei casi più estremi, a isolarsi e a tagliare del tutto il contatto con il mondo esterno. Anche con i propri familiari. In Italia le stime parlano di decine di migliaia di casi.
La condizione riguarda più che altro giovani adolescenti e la collocazione clinica e sociale della condizione è in continua evoluzione. Questo atto di suicidio sociale compiuto da sempre più ragazzi potrebbe essere motivo di riflessione, una riflessione che prende in esame le caratteristiche intrinseche della nostra società sempre più competitiva e alienante.
Secondo i dati Istat di marzo, come riportato sui profili social di hikikomori Italia, nel 2020 sono cresciuti di molto gli inattivi italiani tra i 15 e i 64 anni. Tra questi vi potrebbero essere anche potenziali hikikomori.
Più che una riflessione su come le persone che si sono socialmente ritirate abbiamo vissuto il momento della pandemia più restrittivo, sarebbe bene dapprima riflettere sulla quotidianità di un hikikomori. È errato paragonare il periodo di lockdown vissuto dai cittadini alle forme di ritiro sociale “scelte”.
È bene ricordare che, tra i vari sistemi di didattica a distanza e l’utilizzo sempre più frequente di strumenti digitali che permettono di rimanere in contatto, la possibilità di socializzazione non è mancata del tutto.
Ma ecco un altro spunto di riflessione: per gli hikikomori l’isolamento è una dimensione costante e continua dettata non da normative e decreti, ma dalla sensazione di non riuscire ad affrontare le sfide della vita.
Dalle cose più piccole, come fare la spesa, a quella più grandi come la pressione riguardo al futuro (lavorativo, scolastico, familiare).
In un articolo del 23 aprirle 2021 pubblicato su DW.com, emerge la notizia dell’arrivo di un ministro della solitudine in Giappone. “Vista la crescita dell’isolamento sociale e delle ripercussioni economiche, i numeri dei suicidi in Giappone crescono”.
Il Paese ha quindi dato il benvenuto a una figura politica incaricata di combattere la solitudine e la crisi di isolamento che durante la pandemia si sono particolarmente estese.
Anche in Italia di stanno svolgendo diversi studi riguardo questo argomento, ma purtroppo le conoscenze che si hanno a riguardo sono ancora forse troppo poche
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