La vittoria di nessuno, la sconfitta del Paese. Sergio Mattarella ha cambiato idea sulla sua rielezione a Presidente della Repubblica e ha accettato un secondo mandato, sul modello di Giorgio Napolitano. Di fronte a uno stallo prolungato e agli attestati di stima bipartisan, ha deciso di restare al Colle in modo da consentire a Mario Draghi di terminare il suo incarico fino alla fine della legislatura e gestire la fase di uscita dalla pandemia e di attuazione del Pnrr. Ha tolto dall’imbarazzo, una classe politica imbarazzante
Non è un mistero che si è trattata di una soluzione gradita trasversalmente all’interno di più di un partito, tanto di centrosinistra che di centrodestra, perché ha consentito di uscire da un’impasse che rischiava di determinare fratture profonde e rompere equilibri fragilissimi. Come tutte le soluzioni di corto respiro, però, presenta delle controindicazioni e delle insidie, che forse sarebbe meglio valutare con maggiore attenzione. A partire dal mantenimento degli attuali equilibri politici, che è tutt’altro che scontato: Salvini ha già fatto capire di non essere disponibile a fare da spettatore durante l’anno che porta alle politiche, Conte ha necessità di far emergere i distinguo e le proposte politiche dei 5 Stelle, il Partito democratico andrà all in nella gestione delle risorse del Pnrr. Insomma, comunque vada, non è difficile prevedere contraccolpi all’interno della squadra di governo: molto probabilmente con un rimpasto per tenere dentro leader e big di partito.
«Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta,non donna di province, ma bordello!»
l bis di Mattarella dovrebbe essere “a tempo determinato”, certo, ma fino a quando? La risposta più scontata verte sul completamento della legislatura, per dare il tempo a Draghi di completare il suo lavoro a Palazzo Chigi e rendersi disponibile per il Quirinale. Un’eccezione ad personam, che si configurerebbe come una vera eresia per l’assetto istituzionale italiano. Abbiamo perso, come Paese.
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