Sul caso Cospito devo dire mi sto interrogando da qualche giorno. I miei dubbi non sono tanto sulla natura della condanna o sulla natura della pena sulla quale non ho dubbi nel pensare che non sia commisurata rispetto a ciò che la nostra costituzione dice e vuole. I miei interrogativi sono rispetto ad alcuni aggettivi che in questi giorni si rincorrono sui quotidiani o nelle interviste dei nostri politici. La stessa Giorgia Meloni con tono perentorio dice che lo stato non scende a patti, non si fa intimorire. Allora l’aggettivo sul quale vorrei disquisire è l’aggettivo “forte”, spesso sentiamo dire che “lo stato si deve dimostrare forte davanti a queste intimidazioni” o frasi del genere, ma mi sto in sincerità domandando se non si scambia il termine forte con il termine “crudele”, “rigido”, “vendicativo”. Uno stato è forte quando dimostra di non temere i malfattori, senza dubbio, ma è ancor più forte quanto è sicuro dei propri mezzi e dei propri obiettivi quando senza alcun tentennamento rispetta e fa rispettare la leggi.
Un uomo che uccide lo definiremo forte? Qual è l’aggettivazione che daremo ad un crimine commesso nei confronti di un altro essere umano? Siamo sicuri sarebbe forte? Ma voglio spingermi ancora oltre rischiando di essere accusato di buonismo (anche su questo termine mi piacere scrivere un articolo…se uno non è buonista cos’è?), in ambito educativo diremmo ad un bambino di rispondere ad una aggressione con altrettanta vemenza e forza, vale la legge dell’occhio per occhio?
Sono dubbi forse di carattere puramente semantico ma a me paiono invece frutto di una cultura del tutto diversa da quella che ci viene da tempo propinata.
Si sono spesi kilogrammi e kilogrammi di letteratura rispetto al valore del carcere, quale debba essere lo scopo, quale forma di “punizione” si debba ritenere consentita e non. Abbiamo deciso di fondare il nostro stato su un principio garantista e soprattutto capace di porsi i diritti dell’essere umano come inviolabili e intoccabili, considerazione valida sempre e per chiunque. La legge alla quale lo stato deve guardare non è forse anche la legge della costituzione? Ma dirò di più lo stato non deve forse anche guardare ad una legge superiore che è quella morale o per chi crede si potrebbe dire una legge religiosa. L’idea che lo stato è forte proprio perché capace di rimettere in giuoco il condannato ed è forte proprio perché non teme di essere “indulgente” perché sa di essere nel giusto, sa di essere forte perché ha una linea che lo conduce di fondo che è quella del rispetto dell’essere umano, forte perché capace di non comportarsi come il finto forte ha fatto con altri, forte perché se tu hai commesso un reato se pur grave se pur ignobile io non mi comporterò come te e questa forse la più grande lezione di forza che si possa fare, io non sono come te io ho a cuore la vita di tutti compresa la tua che se pur irrazionalmente non meriterebbe rispetto razionalmente lo merita e come.
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