Dobbiamo solo fare attenzione a soppesare bene i rischi
Ogni evoluzione comporta dei rischi e delle perdite e credo che quella dei media non ne sia esente. Ma é pur sempre una evoluzione e per milioni di anni ha funzionato in senso positivo. Cercherò quindi di utilizzare questo spazio mediatico per comunicare quello che a mio avviso é il tema centrale del rischio evolutivo: perdere i propri confini identitari.
Il senso di identità si sviluppa a partire dallo sguardo delle persone che ci amano. La madre guarda il bambino, che si rispecchia in uno sguardo amorevole e si riconosce nell’immagine che lei ha di lui.
Dato che il senso di identità continua a svilupparsi nel corso della vita, questo meccanismo si ripete in ogni relazione con gradi di intensità correlati alla profondità della relazione, alla fase della vita (in adolescenza se ne fa un uso massiccio) ed al livello di stabilità delle radici messe nelle prime fasi della vita.
Il rischio dei social media
Guardiamo allora con questa ottica al fenomeno dei media e dei socialmedia, al rischio di rispecchiarsi principalmente in sguardi estranei e lontani, come se fossero vicini e conosciuti. Sguardi freddi, spesso senza volto o nome, separati e protetti da uno schermo, che può essere spento senza conseguenze né grosse responsabilità. Avere a che fare con uno schermo limita fortemente la nostra capacità empatica: la persona reale si dimentica, la relazione non é più chiaramente tra due persone distinte e libere, ma tra me ed un oggetto mio, che io ho in mano e che posso gestire come voglio. I bisogni dell’altro sono difficilmente accessibili, sono nascosti ai nostri sensi, al nostro abituale modo di percepire la realtà. Quindi é facile usare l’altro come un oggetto proprio, che può essere lanciato contro un muro, quando la frustrazione é poco tollerabile.
Se le relazioni non vengono vissute anche sul piano della realtà, si rischia che alla fine si costituisca un’identità fragile, gestita dagli altri in modo irresponsabile ed inconsapevole, ma fin troppo facilmente accessibile. É un po’ come la dipendenza da gioco d’azzardo: se si riceve un 90% di commenti positivi, la gratificazione ci porta a cercarne altri, a sottostimare il rischio del dolore che si proverà per quel 10% di critiche irresponsabili, inconsapevoli e senza confini.
I rischi
Un’identità fragile, che si trova a subire aggressioni mediatiche e non ha sufficienti competenze e relazioni reali per poter elaborare la frustrazione che ne deriva, si troverà con un carico emotivo gravoso e poco gestibile, che lo porterà a sua volta a scagliare oggetti (reali o virtuali) contro il muro.
Per interrompere questa catena, occorre riuscire a mantenere un equilibrio tra vita reale e vita virtuale, come per fortuna avviene nella maggior parte dei casi. Sarà più facile in questo caso scagliare istintivamente un oggetto proprio e reale contro il muro, o meglio compensare la frustrazione virtuale con una conferma affettiva nella relazione reale, o, in modo ancora più maturo, ridimensionare affettivamente l’esperienza relazionale virtuale, grazie ad un’identita’ sufficientemente stabile e capace di pensare a ciò che accade dentro e fuori di noi. Un’identità così stabile, da capire dove finisco io e dove cominciano i media.
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