La sofferenza tocca il limite e così cancella tutto e rinasce un fiore sopra un fatto brutto
Ho fatto la terza dose e stanotte ho avuto la febbre altissima. Non avevo la febbre così alta da tipo venti anni, disabituata completamente a quel senso di spaesamento che ti dà: un po’ come quando nevica e si perdono i punti di riferimento del paesaggio. Sai le gambe che smaniano? che non riesci a trovare la posizione e la testa scoppia così tanto che di dormire non se ne parla. Ho deciso che avrei provato ad ascoltare un po’ di musica, affinché mi facesse da ninnananna, ho messo una playlist che avevo fatto col criterio di fare una mappatura delle canzoni italiane che corrispondessero ai miei personalissimi criteri di Nostalgia e Lotta (così l’avevo chiamata, la playlist) dal nord di Milano e Torino, la fabbrica, la Fiat, Enzo Jannacci e la banda dell’ortica, ma non è una malattia di Manfredi, Cochi e Renato, Ricky Gianco e i pugni chiusi, gli Area, la struggente Azzurro, ché quello è il vero manifesto della nostalgia. E quindi la Liguria, la città vecchia, il bombarolo, gli impermeabili di Paolo Conte, Ciampi e le nostre parti: Fiumani che urla Gennaio, Louisiana dei Litfiba, “quest’amore è una camera a gas”, i Csi, scavalcare l’Appennino “and the radio plays” e perdersi in mille canzoni di Lucio Dalla, la malinconia degli Stadio, la Locomotiva di Guccini e gli zingari felici di Lolli, e poi scendere ancora giù: Non mi rompete, il Muro del Canto, la storia disonesta, Paolo Pietrangeli, e ancora Non farti cadere le braccia e “Napul’è mille colori” che ogni volta mi fa piangere come O’Scarrafone, quando dice “oggi è sabato se non chiami ho un nodo in gola”. Tra Rino Gaetano e i treni per Tozeur ho fatto le cinque sveglia, dolorante, ma felice perché la febbre annienta la mente che di regola è sempre così faticosamente affollata, quando pensi sempre che ci sono quelle poche, ma importanti certezze che hai nella vita e quando anche quelle si crepano e vengono a mancare, manca tutto, quando avrei bisogno di un centro di gravità permanente, arriva un febbrone a ricordarti “che la sofferenza tocca il limite e così cancella tutto e rinasce un fiore sopra un fatto brutto”
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