Sapete quando fu aperto al pubblico il Giardino di Boboli?
In epoca medicea il parco era concepito come uno spazio nobiliare, segnava e rappresentava la distanza tra la corte e il popolo fiorentino. Il Giardino di Boboli era ornato da piante e fiori, magnifici alberi e agrumeti che facevano da cornice a memorabili ricevimenti, rappresentazioni teatrali e feste sfarzose alle quali il “popolo minuto” di Firenze non era invitato.
E poi fontane e labirinti, ragnaie e cerchiate, statue e grotte rendevano Boboli un grande museo all’aperto, ammirato purtroppo solo dall’aristocrazia del tempo.
Poco dopo l’arrivo a Palazzo Pitti del Granduca lorenese Pietro Leopoldo, il Giardino fu aperto al pubblico: il 28 febbraio 1766 si aprirono i cancelli del parco “ad ogni ordine di persone purché decentemente vestite” per alcuni giorni alla settimana.
Non potevano entrare “persone di bassa plebe” e i bambini accedevano solo se accompagnati da adulti. Erano proibiti alcuni giochi che potevano danneggiare statue e piante, come “i giochi delle bocce, e usare le racchette” ed era inoltre vietato toccare le statue e gettare pietre nell’acqua o passare attraverso palizzate e calpestare aree coltivate a fiori o frutti.
Il Giardino divenne così un luogo frequentato da bambini, dame e gentiluomini, che vi passeggiavamo amenamente. Pietro Leopoldo ordinò di mettere delle panche in pietra dislocate un po’ in tutto il parco, per rendere più comoda la passeggiata in Giardino. Si poteva riposare intorno al Giardino dell’Isola oppure lungo i viali e fu posto addirittura un “canapè” in uno spiazzo al limitare di un boschetto con vista del Kaffeehaus.
Anche le grandi feste dinastiche ospitate in Giardino divennero sempre più “popolari”. Si narra che in occasione dell’arrivo a Firenze di Maria Carolina e Ferdinando di Napoli nel 1785, i festeggiamenti assunsero un carattere ricco e festoso aperti “a ogni ceto di persone senza veruna distinzione”. Una sorta di orchestrata regia distribuì, secondo una gerarchia prossemica, gli spazi del Giardino, con l’intento però di confondere ceti e appartenenze e così “danzavano le contadine vestite elegantemente” insieme ai “reali sovrani con molto loro piacere”.
Lascia un commento