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La scuola? Non e per tutti e non da ora

E con questo Governo potrebbe andar peggio…

Andrea Malpezzi 1 Novembre 2022

Mi schiero senza dubbio con coloro che hanno criticato la scelta del nuovo Governo di giocare sulle denominazioni dei ministeri, pare evidente di come la Meloni nell’impossibilità di esprimere politicamente le sue promesse elettorali si limita a solleticare gli animi del proprio elettorato lasciandosi andare in concetti ideologizzati e ricerche lessicali, sembra abbia la necessità di dire: “ricordatevi che noi siamo diversi da quelli di prima, noi siamo di destra”. Purtroppo al momento solo questo è il modo per marcare il territorio dal momento che dai primi avvisagli si continui con la famigerata agenda Draghi in economia ed in ambito di politica internazionale si corra a confermare fedeltà eternaper la NATO e l’unione europea a discapito di quegli elettori che pensavano di cambiare le cose.

In particolare devo dire di non aver gradito l’idea di collegare l’istruzione con merito. Innanzitutto sparisce il termine “pubblica”, la scuola non è più pubblica ma è di chi la merita. Contravvenendo volontariamente a qualsiasi approccio di carattere inclusivo ed educativo il merito rappresenta, messo accanto ad un termine istruzione, una dimostrazione di come la scuola non debba essere a garanzia di tutti, e di come il merito diventi motivo discriminante rispetto al percorso scolastico di bambini/e ragazzi/e, perché di questo stiamo parlando, stiamo parlando di merito per quelle che una volta si chiamavano scuole elementari e medie. Qui il merito spesso per alcuni studenti è rappresentato solo dallo svegliarsi la mattina.Parafrasando Don Milani la scuola come un ospedale che cura i sani ha poco senso che esista.

Ma a parte questo non posso anche in questo caso pensare che la degenerazione della scuola pubblica ha un percorso non certo degli ultimi mesi, l’idea che i presidi diventassero “dirigenti” (le parole sono importanti), la scelta degli invalsi come metodo di valutazione delle scuole e di sussistenza delle stesse, l’assenza di una programmazione territoriale connessa all’istruzione (non pare proprio la stessa cosa andare ad una scuola in centro o in periferia). La scelta di decapitare la scuola in funzione del dio quattrino non ha forse da anni ridotto l’istruzione ad una puro e semplice passaggio di informazioni e basta, la scuola come strumento performante, nozionistico non come luogo di crescita umana. La stessa perdita del tempo pieno non è forse stato un arretramento proprio per coloro che dovrebbe essere “curati” dal servizio scolastico? E allora leviamo le ipocrisie e mettiamoci il merito, abbiamo anche in questo caso aperto la porta e fatta entrare la cultura di destra anche nella scuola, abbiamo scelto di coinvolgere le famiglie nell’istruzione attraverso il controllo digitale e attraverso la rincorsa ai compiti come strumento di valutazione dei nostri figli/e. Se quindi la scuola debba servire solo a leggere, scrivere e far di conto chi merita di più è giusto abbia di più. Da questo scenario, più o meno consapevolmente, noi genitori ci siamo fatti trasportare ingoiando buona parte di questa degenerazione pratica e culturale, abbiamo accettato la competizione, l’importante è mio/a figlio/a, l’importante è che mio/a figlio/a abbia infinite possibilità non siamo in grado quasi più di guardarci indietro e vedere che qualcuno è rimasto sulla linea di partenza.

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