Oggi penso a Lorenzo, che era un mio amico.
Ognuno scrive la sua sulla guerra, sulle occupazioni, su Orso.
Siete bravi, oh, giudicate ogni giorno situazioni che dal caldo della vostra stanzetta difficilmente conoscete : io non saprei da che parte rifarmi, col dolore e la rabbia che certe cose mi provocano.
E tentare di comprendere la questione siriana, oggi, posto che interessi ancora a qualcuno, appare più difficile di quanto si pensi: una narrazione in cui si confondono i confini geografici, le sigle, le date, i nomi.
Ma la lotta per la libertà non ha confini né latitudini.
Perché per difendere la società dai suoi pericoli occorre provare a identificarsi con chi non conosciamo, con chi è lontano km da noi.
Viviamo un’epoca in cui l’individualismo e la soggettività hanno una prevalenza culturale che ha portato allo sgretolamento dei valori di comunità, di collaborazione.
La disillusione in cui l’Occidente ricco e grasso è caduto, le risposte facili al disagio economico e sociale (andrà tutto bene, contaci), lo spaesamento generale: queste cose hanno permesso ad alcuni poteri di far leva sulle fragilità delle persone manipolando ad hoc l’informazione, semplificando, livellando, omettendo.
Lorenzo lo sapeva e l’ha rifiutato.
La sua misura già satura di insofferenza è diventata ingestibile, la necessità di un gesto, di una scelta che era l’unica strada percorribile. Lui ha vissuto sulla propria pelle questa sensazione di incompatibilità con luoghi e tempi di questo pezzo d’Europa e ha deciso che l’unico modo per cambiare le cose fosse partire, scegliere di stare dall’altra parte.
Cosa è accaduto in questo Paese perché possa essersi ridotto allo sfacelo che è sotto gli occhi di tutti? Perché tutto d’un tratto la solidarietà, l’umanesimo, il sentimento di giustizia, addirittura la carità, sembrano valori di un altro pianeta che sembrano non contare più nulla?
Siamo diventati un Paese che odia le persone serie e quelle buone, perché sono noiose e ci inducono a pensare e a ragionare. L’Italia che ama il capitalismo più sfrenato, che ama il potere anche quando lo esercitano le persone sbagliate, perché rappresenta il nostro desiderio di contare qualcosa, di esercitare una superiorità.
Ci siamo riempiti di parole, frasi fatte, slogan, senza pesarne più il significato. Ci siamo fatti togliere gli strumenti della critica e dell’analisi. E non siamo più in grado di discernere i cattivi di prima da quelli di oggi, figli viziati affascinati dalle poltrone di comando. Rimestando una debole difesa dei valori costituzionali, questi lasciano che i privilegi della politica rimangano un caposaldo delle loro intenzioni ultime.
Vedere le scelte di questi politici scellerati mi dà l’angoscia.
Invece la storia dei partigiani come Orso testimonia che le conquiste sono sempre possibili, per chi crede nella loro urgenza.
Mi fermo un attimo, osservo tutte queste macerie e penso a Lorenzo, alla sua partenza convinta verso una speranza chiamata Rojava che ci riporta lì, al peso delle parole, che sottendono una scelta, un’idea che si fa tempesta.
l’Occidente ricco e grasso è caduto
Perché tutto d’un tratto la solidarietà, l’umanesimo, il sentimento di giustizia, addirittura la carità, sembrano valori di un altro pianeta che sembrano non contare più nulla?
In nome di Lorenzo Orso umani
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