Di Stefano Fossati
La macchina dell’accumulazione di denaro, basata sul meccanismo del consumo, ha bisogno di corpi docili, di esseri umani asserviti al consumo e dipendenti dal mercato per la loro felicità e i loro bisogni, per poter alimentare continuamente la sua folle corsa alla crescita. Il meccanismo dell’economia capitalistica, per sua coerenza interna, non solo non può decrescere o fermarsi, ma deve necessariamente continuare a crescere, altrimenti il sistema imploderebbe. Come è però possibile convincere le persone ad essere meri produttori e consumatori, come inoltre direzionare i bisogni delle persone e controllarli?
Per rispondere a questa domanda faremo riferimento a due concetti: Narcisismo e Feticismo.
Il feticismo della merce è un concetto introdotto da Marx nel primo libro del Capitale. La merce prodotta nel sistema capitalistico sfugge dal controllo del lavoratore che la produce e gli si contrappone come ostile, a causa della concatenazione di proprietà privata dei mezzi di produzione – pluslavoro – plusvalore; meccanismo questo che rende possibile l’accumulazione capitalistica, ovvero la produzione del denaro con il denaro. Se il valore di scambio di una merce è l’espressione del lavoro sociale necessario per la sua produzione, all’operaio, che produce l’intera ricchezza sociale, ritorna come salario una piccolissima parte della ricchezza prodotta, il restante aumenta l’accumulazione di Capitale. Nel mondo “stregato capovolto” delle merci nel sistema capitalistico, i rapporti tra uomini appaiono come rapporti sociali tra cose. La forza del concetto di Marx sta nel fatto di mettere a nudo l‘inversione reale che avviene nel sistema capitalistico: il lato astratto del lavoro prevale su quello concreto, il valore di scambio sul valore d’uso. L’unica qualità della merce che veramente conta è la quantità di plusvalore che contiene, perché si traduce in profitto, la sua reale utilità è del tutto irrilevante. Una volta svincolata la merce dal suo valore d’uso, diventa un elemento oggettuale per plasmare la società e costruire l’uomo perfetto per il meccanismo del consumo e questa operazione viene fatta tramite la costruzione culturale dell’Io e tramite la fabbricazione di bisogni fittizi definiti culturalmente come fondanti. Thorstein Veblen con il concetto di “sciupo vistoso” ha ampiamente documentato questa “eterogenesi della merce”, spiegando come il consumo possa essere usato per dimostrare la propria classe sociale, acquisire un certo status e costruire un immagine di sé a uso sia interno, che esterno; il tutto prescindendo totalmente dal valore d’uso degli oggetti acquistati. Ecco che allora una data macchina ci fa acquisire un certo status sociale anche se non viene mai utilizzata per effettuare alcuno spostamento e che una penna può definirci anche se non viene mai tirata fuori dal taschino e non è letteralmente mai stata usata per scrivere.
Prendiamo ora in analisi il narcisismo: questo concetto è stato introdotto da Freud nel 1910, consiste in una indistinzione tra sé e il mondo esterno e nella tendenza a percepire il mondo e le persone solo come proiezioni e prolungamenti del proprio Io.
Il narcisista non è convinto che ci sia un mondo esterno da sé con cui deve misurarsi e fare i conti, ma percepisce tutto e tutti al suo servizio. Questo disturbo della personalità è stato in costante ascesa in tutto il ‘900, ma era comunque relegato nell’ambito del patologico. Christopher Lasch, nel 1979, ha introdotto il Narcisismo come una tendenza sociale diffusa e come un tratto culturale accettato e anzi, incoraggiato, che impronta sempre più profondamente la cultura sociale. Questo si concretizza con le diffuse fantasie di indistinzione e di onnipotenza che si manifestano nella tecnologia, nell’agire sociale e nel distacco per la politica. Il filosofo Anselm Jappe ritiene che il tasso crescente di narcisismo nel corso del Novecento sia da imputare alla diffusione della logica del valore e della merce in tutti i pori della società. Questa logica, con la sua inversione del concreto e dell’astratto, non è più relegata solo alla produzione delle merci, ma ha colonizzato e improntato di sé tutte le sfere della vita, in special modo i consumi e i rapporti interpersonali; diventando così, allo stesso tempo, causa ed effetto di un profondo mutamento nella psiche degli esseri umani.
L’epicentro del nostro terremoto
Dagli anni ’60 del Novecento, l’epicentro della vita sociale si è spostato verso i consumi, l’ingiunzione sociale non era più “lavora, risparmia e sacrificati” (moderno prolungamento dell’”Ora et Labora” della Chiesa), ma “Consuma, divertiti, spendi e indebitati”. Parallelamente si incitano gli individui a superare ogni limite e non riconoscere nessun vincolo esterno al proprio godimento (almeno ad in livello immaginifico), li si spinge a pensare che il mondo sia lì a loro disposizione e che possono avere tutto quello che riescono ad immaginare e a desiderare. Questo ovviamente è una menzogna, ma è una falsità funzionale a relegare sempre più profondamente la persona dentro il vortice del desiderio illimitato, del consumo, del debito e del lavoro a ritmi sempre più forsennati per poter pagare il debito contratto, ti e sostenere economicamente i nuovi desideri, in una spirale infinita di produzione e consumo. Questo non genera ovviamente la felicità delle persone, ma garantisce al sistema un consumo continuo di merci, sospinto anche dal meccanismo pubblicitario, a cui viene riservato il compito di garantire la permanenza della persona dentro il delirio di onnipotenza del desiderio e del possesso.
La svalutazione del mondo esterno
Il narcisismo consiste in una svalutazione del mondo esterno al soggetto: tutti gli oggetti sono proiezioni del soggetto, e non hanno un’ autonomia propria da rispettare. Questo soggetto è però vuoto, perché non si è mai arricchito nei rapporti con gli oggetti esterni, ed è rimasto prigioniero dei suoi fantasmi; questo non è un soggetto forte, ma debole, perché è “senza mondo”. Ed è proprio questo essere vuoto di qualità proprie intrinseche e debole, che lo rende l’uomo perfetto per il sistema capitalistico, perché dovrà cercare sul mercato tutte le caratteristiche e le qualità che non ha e non può trovare nei rapporti interpersonali, riempiendo questo suo vuoto con merci che a loro volta hanno subito il processo di svuotamento di valore e che si contrappongono alla persona in quanto pensate e prodotte non per soddisfare i bisogni del possessore ma per precipitarlo nel baratro della creazione e accumulo di capitale. Quindi, la personalità narcisistica che si rivolge al mercato per soddisfare il suo vuoto interiore, troverà solamente ulteriore vuoto, frustrazione e quindi sofferenza che nel tentativo di essere estinta, si rafforza. Tutto questo infernale meccanismo genera una colossale spirale di mancanza-desiderio-frustazione infinito, che ricorsivamente riproduce se stesso, tenendo la persona soggiogata alla sofferenza e al mercato.
Feticismo e narcisismo vanno quindi insieme, perché sono entrambe elementi di svalutazione della merce il primo e del mondo esterno il secondo e ognuno nel suo ambito, sono entrambi estremamente funzionali per la produzione e accumulazione di denaro; molto meno funzionali, per nostra sfortuna, alla vita dell’uomo e alla sua felicità.
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