Il lato oscuro dei social stende la sua ombra su Patrick Zaki, che della lotta per la libertà di espressione ha fatto una sua battaglia, pagando un alto prezzo personale. A seguito di un banale sfottò calcistico, Patrick ha subito un linciaggio a mezzo social, in cui gli sono state rivolte offese e frasi di odio. Non commento le persone che si sono rese responsabili di questa aggressione, perché sono incommentabili e non voglio nemmeno porre troppo l’attenzione sul fatto che questa sia rivolta proprio a questo ragazzo, che a causa della sua lotta per i diritti si è fatto il carcere in Egitto. Quanto è avvenuto è drammatico a prescindere, il fatto che sia coinvolto Patrick è solo un’aggravante, perché è quello che succede a moltissime persone ogni giorno, che vengono sommerse di insulti e odio solo per aver espresso un parere, un proprio gusto personale, un loro pensiero.
I social sono un mezzo di diffusione e di espressione potente, forse per molti troppo potente. Non sono buoni o cattivi a prescindere, sono un mezzo e come tale la loro utilità dipende dal modo in cui li si usa e dalle motivazioni che ci muovono. Il problema è proprio qui, quale sono le motivazioni e le modalità con le quali si usano i social, o meglio, quali sono gli elementi culturali che ci guidano e ci danno un orizzonte e dei limiti nell’uso dei social?
La cultura di fondo che muove l’occidente è la competizione, che facilmente scivola nella prevaricazione, specialmente se esercitata da persone che non hanno cultura, parole, pensieri e idee per prevalere, ma che hanno la necessità culturalmente determinata di farlo per “non sembrare degli sfigati”. Questo spiega molto facilmente perché, in una cultura narcisista e competitiva come la nostra, la discussione non è una modalità di costruzione cooperativa di una lettura della realtà che si opera con l’interlocutore o un processo partecipato tra gli interlocutori di costruzione della comprensione di un dato fenomeno o di una situazione, ma una guerra per prevalere sugli altri e per trionfare schiacciando gli altri e riducendoli al nulla. Questo vale sia che lo si faccia estremizzando le posizioni come nei talk show, in cui dotti maestri cercano l’effetto scenico a scapito della comprensione e dell’approfondimento, sia da parte di persone comuni che, a volte con più mezzi, altre volte con mezzi minori, cercano di prevalere nella guerra con l’interlocutore per annientarlo. Da qui all’offesa e all’odio, il passo è estremamente breve e il terreno scivoloso. Nessun commento per le offese ricevute alla compagna del giocatore Lorenzo Venuti della Fiorentina, ogni parola sarebbe di troppo e superflua.
Dato che questo è il modo di comunicazione determinato culturalmente dalle nostre società e che un pensiero per essere pensato e espresso ha bisogno di parole e di un sistema di comunicazione per veicolarlo, non è difficile capire che ci stiamo condannando da soli a un lungo periodo di oblio della comprensione, in cui i mezzi a nostra disposizione per capire e interpretare il mondo sono scarsi e inefficaci. Gli eredi della società dei lumi si stanno condannando a vagare per il mondo con un lumicino tanto fioco, da rasentare la cecità.
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