In Corea del Sud sta prendendo sempre più piede un movimento femminista radicale di nome “4B”, che invece di battersi contro il patriarcato, la discriminazione e gli abusi, preferisce escludere completamente la figura del maschile dalle vite delle donne, come forte gesto di autotutela. Questo fenomeno è una reazione estrema alla cultura altamente misogina presente nel paese e ha come precondizione la convinzione delle donne coreane che gli uomini, nel loro paese, siano incapaci di fare uno scarto evolutivo e culturale che gli porti ad abbandonare questo atteggiamento repressivo e violento nei loro confronti. Seppur ad un livello non paragonabile dal punto di vista dell’intensità, questo fenomeno sociale singolare, mi ha richiamato alla mente alcuni atteggiamenti sempre più diffusi nel contesto femminista europeo. Negli ambienti femministi nostrani, c’è spesso la convinzione che solo le donne possano parlare di femminismo, che solo le donne possano lottare per una reale parità di genere e che gli uomini debbano essere esclusi da questa battaglia sociale a priori, anche se realmente mossi dalla volontà di combattere al fianco delle donne per l’affermazione della parità di genere.
Il modello di femminismo Europeo, che trova forte impulso nel pensiero filosofico di Simone de Beauvoir e nel suo libro “il secondo sesso”, non struttura un necessario rapporto conflittuale tra generi, ma semplicemente rivendica la necessità storica e evolutiva della lotta al patriarcato e della conquista dei diritti delle donne, per giungere ad una reale uguaglianza di genere. Il femminismo americano invece, che vede tra le sue maggiori autrici Betty Friedan, ha un atteggiamento da subito più conflittualista, in questa prospettiva teorica il fulcro non è principalmente il conflitto per rivendicare la parità di genere, ma un vero rapporto conflittuale e di odio tra generi in quanto tali. Per cui, la modalità di lotta del femminismo americano è sostanzialmente un ribaltamento del patriarcato, ma lasciando intatte le strutture di forza, di potere e di oppressione. Non c’è, in questo modello, la volontà di transitare verso una società più giusta, in cui gli errori del modello maschilista di società vengono superati, annullando le discriminazioni e le forme di violenza e di oppressione, per giungere ad uno stato evolutivo della razza umana migliore e più giusto. Questo invece era ben presente nel pensiero di Simone de Beauvoir e nel modello di femminismo europeo, che sosteneva che le donne non dovrebbero lottare per inserirsi nel modello maschile di società e essere riconosciute di conseguenza come se fossero degli uomini, ma bensì lottare per una forma femminile di vita e di riconoscimento sociale. Da un certo momento in poi, il modello femminista americano ha iniziato a prendere piede anche in Europa, non soppiantando del tutto il modello europeo, ma diventando comunque un pezzo importante del movimento per il riconoscimento della parità di genere e creando tensioni e spaccature nel movimento femminista del nostro continente.
Mi sembra pacifico che il modello maschile di società e di rapporti tra i generi abbia fallito nel peggiore dei modi, il movimento femminista è l’unica reale speranza di sviluppo antropologico per costruire una società più giusta, in cui non sia la forza, la violenza, la competizione e il carrierismo a improntare di sé la società, ma una via femminile, che solo le donne possono costruire, ma insieme agli uomini e in collaborazione con loro. Serve una rivoluzione culturale, che in Europa è possibile a patto che ci sia un profondo rispetto tra i generi e una reale collaborazione, scevra da entrambe le parti da volontà di potenza e sopraffazione. Se dovesse continuare a prendere piede il femminismo americano, tutte le possibilità di costruire un modello di sviluppo antropologico migliore si perderebbero. Inoltre, sarebbe anche difficile per le donne vincere la guerra: al momento possono contare su un grande numero di uomini che sono disposti a lottare al loro fianco per una società più giusta e egualitaria, ma con il conflitto di genere questo si perderebbe e il fronte maschile si compatterebbe. Inoltre gli uomini sono in una posizione di vantaggio, poiché, per effetto del patriarcato, sono meglio posizionati nei punti nevralgici della società e nella maggioranza dei centri di potere, inoltre ogni conflitto ha il suo epilogo con la violenza e in questo – purtroppo – l’uomo è avvantaggiato.
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