Quello dei confini è oggi un tema di bruciante attualità, proviamo allora ad analizzare insieme questo concetto.
Da sempre, nella storia dell’uomo, la gestione degli spazi e di conseguenza la demarcazione dei confini, è una delle più forti forme di potere. Il diritto di stabilire chi sta fuori o chi sta dentro, chi abbia o meno titolo ad abitare o transitare su un determinato territorio, è una forma assoluta di potere e di controllo sulle persone. Questo meccanismo viene costantemente riprodotto in ogni società umana, e con il passare del tempo subisce un graduale processo di perfezionamento. Al tempo stesso, per chi questa inclusione/esclusione la subisce, ha l’effetto di creare un forte legame sociale con coloro che condividono la stessa condizione di inclusione/esclusione, e quindi crea un forte senso identitario, una consapevolezza profonda della propria appartenenza, che risponde ad un bisogno centrale dell’uomo in ogni tempo: sapere con precisione chi è e a cosa appartiene.
Nelle società claniche il circolo di pietre stabilisce l’appartenenza mediante un vincolo parentale in senso più ampio rispetto alla famiglia biologica; delimita chi divide con noi il cibo, chi combatte al nostro fianco, chi sposeremo e le regole che seguiremo; ci dice anche, ovviamente, contro chi combatteremo. Le mura delle città in epoca greca, romana e poi medievale ci dicono a che signore apparteniamo e stabiliscono, all’interno della cerchia muraria, la differenziazione sociale che riflette l’ordine feudale, rappresentandolo architettonicamente in un crescendo che va dal ghetto ebraico fino alla cittadella del signore, che lo racchiude tra i suoi potenti bastioni, facendo di lui una figura inarrivabile, trascendente.
Questa doppia funzione di controllo per il potere e di creazione identitaria e di protezione per il popolo, è proseguita inalterata fino alla seconda metà del XIX secolo, quando il nascente ordine economico capitalista ha utilizzato il vecchio strumento del controllo degli spazi in un modo del tutto innovativo. In Inghilterra, con gli Enclousers Acts, si sono chiusi i campi comuni che davano sostentamento ad una grande schiera di contadini poveri, andando a formare quell’enorme massa di diseredati senza più nessun mezzo di sussistenza, i quali forniranno la manodopera a bassissimo costo nelle città industriali del nascente capitalismo. Da questo momento in poi i confini smetteranno sempre di più di avere una doppia funzione sociale, e svolgeranno invece un compito di solo appannaggio per il potere dominante.
Questo processo prosegue per tutto lo sviluppo del sistema capitalistico, correndo sotto la superficie del nazionalismo, delle guerre per i confini e delle grandi ideologie basate sull’appartenenza, proliferando nonostante queste. Come l’arto fantasma continua a creare dolore nell’amputato, così il cervello continua a ragionare in termini di appartenenze culturali profonde, anche quando queste sono state rese evanescenti, quando il fulcro della decisione politica si sposta dal tentativo di preservare una civiltà e la sua cultura al tentativo di accrescere il potere per il potere. La storia sta scivolando in una spirale delirante dentro la quale niente è più importante del predominio e letteralmente tutto è sacrificabile per questo. In questa accezione il potere si comporta esattamente come il denaro (in realtà è il denaro che incarna anche il potere, ma questa è un’altra storia), ovvero non ha barriere, non ha confini e non ha bandiere, non crea identità e non si disperde nell’uguaglianza, è sempre simile a se stesso e riproduce solamente se stesso, desertificando tutti quello che incontra. La reazione al senso di sradicamento derivante dalla globalizzazione, ha portato una forte ascesa del sovranismo, che non è altro che un fresco cerone sul volto poco presentabile e ulcerato dalla storia, del nazionalismo. L’imperialismo nazionalista è oggi il faro che guida le politiche di America, Russia e Cina. Ma questo avviene in un contesto geopolitico in cui, da un lato le economie di tutti i paesi del mondo strettamente interrelate tra loro e interdipendenti le une dalle altre e c’è la presenza sullo scacchiere internazionale di un’arma di potenza e letalità inconcepibile, come la bomba atomica. Date le premesse, il fatto che queste superpotenze agiscano solo ed esclusivamente in funzione del potere e del suo accrescimento non è rassicurante e certo non ci può far pensare che ci sia un torto e una ragione, un impero del bene e uno del male. Tutti hanno torto, l’America ha i suoi torti e la Russia i suoi; mi sembrano in questo gemelli del tutto indistinguibili. Chiunque ragioni nei termini in cui lo fanno America e Russia è un criminale (Cina compresa) e rischia di portare il mondo alla distruzione; per dirla con Elias Canetti, America e Russia rischiano di governare su un mucchio di morti.
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